L’Amm. Delegato di BPVi Fabrizio Viola incontra le categorie economiche di Veneto e Friuli

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Le aspettative delle categorie economiche di Veneto e Friuli per la prima volta faccia a faccia con l’ad Bpvi Fabrizio Viola.

Le imprese chiedono un cambio di rotta per arrivare alla fiducia; una banca del Nordest senza imprese e famiglie non ha ragione d’essere e neanche di svilupparsi. Ma considerando il modello banco centrico che insiste a Nordest, sarebbe altrettanto complesso per molte micro e piccole imprese, accedere al credito dei big della finanza, eppure, per trovare un accordo e gettare le basi per una nuova relazione banca-impresa, c’è uno ostacolo da superare formato dalle cause legali e acquistare la “fiducia”. E’ proprio “fiducia” la parola chiave di questa vicenda, e questa non può né essere chiesta né scritta nei piani industriali.

L’ad Bpvi Fabrizio Viola, è consapevole che “ascoltare e incontrare” sono le azioni giuste per fare pace con il territorio e i suoi attori.

Alberto Baban, il presidente di Piccola industria di Confindustria esordisce dicendo:

«Questa la situazione è la più difficile vissuta dal dopoguerra e non abbiamo ancora compreso cos’è successo e quanto ci costerà non solo in miliardi ma in fiducia. Le Pmi vivono un modello fortemente orientato al debito bancario ma sono oggi sospese tra un passato che non sentono chiuso e un futuro incerto»

La domanda del presidente Baban a Fabrizio Viola è:

«Potete ancora essere una banca partner delle nostre aziende?»

Giovanni Da Pozzo, presidente della Camera di commercio di Udine, approfondisce con queste parole:

«Avere una banca territoriale è fondamentale per le piccole aziende del Nordest, ma questa non è una semplice ristrutturazione perché non va scordato il contesto in cui versa l’intero sistema bancario.
Il progetto della nuova banca deve garantire che è finita l’era delle governance familiari e politiche e che l’effetto di questa lunga crisi riversata negli Npl è nella sua fase terminale, altrimenti non avremo strascichi positivi»

A marcare il cambio di rotta è Francesco Giacomin, in rappresentanza di Veneto Sviluppo e di Confartigianato Veneto:

«La supponente struttura con cui ci siamo confrontanti in passalo mi pare superata, ma mi chiedo: come si estrae valore aggiunto da un progetto di fusione dove l’unione tra le due storie può anche produrre una miscela negativa?»

Come dire che gli effetti della nuova banca saranno tutti da verificare, ma la via imboccata è quella giusta.

Agostino Bonomo, presidente degli artigiani Veneti conferma che:

«So lo la chiarezza può andare incontro a un sentimento di paura e sfiducia anche verso chi doveva controllare, come Bankitalia.
Chi ha un minimo di capacità contrattuale è uscito da queste due banche. Noi fino ad oggi abbiamo fatto i pompieri, abbiamo assecondato le uscite chiedendo di tenere un occhio aperto a cosa succedeva.
Tra magistratura e Bce, noi clienti siamo andati in secondo piano, ma ora vediamo un cambio di rotta che apprezziamo e con le offerte di transazione si vede la voglia di ricostruzione anche se il mio sentire è che gli artigiani non metteranno denari nel prossimo aumento di capitale.
La banca non sarà più come prima, ma forse è un bene perché prima facevano governo di territorio, partecipavano a fiere e teatri, non solo con contributi, ma entrando nei Cda»

Così anche Graziano Tilatti, presidente degli artigiani del Fvg, che si definisce un azionista imbrogliato, chiede nel piano industriale di trovare il modo di aiutare imprese e famiglie perché possano tornare a investire. Le sue parole sono chiare:

«Qualcuno deve venire da voi a prendere i soldi e poi restituirli, sennò il conto economico lo vedo difficile da chiudere»